
La Torre dei Conti, uno dei monumenti più maestosi e identitari della Roma medievale, è crollata nonostante i recenti e costosi interventi di restauro, recupero strutturale e messa in sicurezza voluti dal Comune di Roma sotto la guida del sindaco Roberto Gualtieri. Il cedimento improvviso, che ha causato quattro feriti e danni significativi all’area circostante, non è soltanto un disastro architettonico, ma il simbolo di una gestione superficiale e inefficiente del patrimonio storico della Capitale. La città eterna piange un altro frammento della propria anima, travolta dall’incapacità amministrativa di chi avrebbe dovuto proteggerla. La Torre, costruita nel 1238 per volontà di Annibaldo di Ceccano e della potente famiglia Conti di Segni, rappresentava da secoli un capolavoro dell’architettura militare e nobiliare romana. Alta originariamente oltre cinquanta metri, aveva resistito a guerre, terremoti e secoli di incuria, rimanendo un punto di riferimento per studiosi e cittadini. Eppure, ciò che non avevano potuto distruggere i secoli, lo ha fatto la disattenzione politica. Dal 2006, dopo lo sgombero degli uffici pubblici, la Torre era stata abbandonata a se stessa, senza manutenzione, lasciando che umidità, vibrazioni e agenti atmosferici ne minassero lentamente la stabilità. La giunta Gualtieri aveva annunciato con toni trionfalistici un piano di recupero da 6,9 milioni di euro per la messa in sicurezza, il restauro della parte ipogea e la valorizzazione turistica del monumento, che sarebbe dovuto diventare un museo dedicato alle fasi più recenti dei Fori Imperiali. Dovevano essere lavori d’eccellenza, un fiore all’occhiello per la Capitale. Oggi, invece, restano solo macerie e feriti, mentre la città assiste all’ennesima prova di un’amministrazione che proclama efficienza e trasparenza, ma raccoglie fallimenti e inefficienze. Secondo le prime indagini, il crollo sarebbe avvenuto a causa del cedimento di alcune porzioni interne e forse mai consolidate adeguatamente. Si parla di infiltrazioni non risolte, materiali degradati e un monitoraggio insufficiente. È un copione già visto troppe volte con i lavori incompiuti, i fondi spesi, inaugurazioni annunciate e nessun controllo reale. A nulla sono serviti i proclami di tutela e valorizzazione del patrimonio. La realtà è che la Torre dei Conti è crollata per mancanza di cura, di competenza e, soprattutto, di responsabilità politica. Il sindaco Gualtieri, accorso sul posto, si è detto “profondamente colpito”, ma le parole non bastano più. Roma è stanca di piangere la propria storia, di vedere il proprio patrimonio dissolversi nell’indifferenza delle istituzioni. Dalla Domus Aurea ai ponti, dai palazzi storici alle mura antiche, ogni anno si consuma un dramma silenzioso fatto di degrado e mancate manutenzioni. La Torre dei Conti, che per secoli aveva vegliato sulla città, oggi diventa il simbolo di un sistema che si limita a mettere toppe su ferite strutturali, senza una visione e senza un piano concreto di salvaguardia. Mentre le autorità promettono “commissioni di indagine” e “interventi immediati”, i romani si chiedono come sia possibile che un monumento così importante, dopo un investimento di milioni di euro, sia collassato come un edificio dimenticato. Forse è giunto il momento di ammettere che a Roma non mancano i fondi, ma la gestione. Non manca la storia, ma la volontà politica di difenderla davvero. Il crollo della Torre dei Conti è molto più di un incidente, è il simbolo di una Capitale che cade insieme ai suoi monumenti, schiacciata dal peso della burocrazia e dell’incapacità amministrativa. È il segno di una Roma che non riesce a difendere la propria grandezza. E mentre dalle macerie emergono frammenti di storia, ciò che resta più intatto è la delusione di una città che, ancora una volta, si sente tradita da chi la governa.

